UNA SERA DI NOVEMBRE

Quella sera del 1972, in quel novembre pieno di freddo e di smog, io feci la mia scelta, il fatto segnò per me la vera fine di un’epoca e di un sogno, mi diede il senso reale della sconfitta e della necessità di superarla, mi fece crescere e invecchiare…non fu granchè positivo ma fu. Una parte di me non voleva credere alla realtà di un ragazzo che non riusciva a stare con eleganza dentro certi schemi, e si affannava a dire e a scrivere in modo non supino e scontato. Di tutto questo non basta averne il sentore, non è bastato mai; è necessario che passi abbastanza tempo per definirti sciocco e inevitabilmente invecchiato, un’accoppiata comune e terribile. Il mio intervento in assemblea fu breve e feroce, cadde in un silenzio via via più teso e ostile: anche gli occhi di Ornella si conformarono al clima presente in aula. E, man mano che i minuti scorrevano io ero sempre più lontano da quell’esperienza e da quella città. Da lì in poi i giorni se ne andarono in fretta come un trasloco non più procrastinabile. Ridiscendere la penisola con un obiettivo diverso da quello del turista di lungo corso fu la nuova affascinante avventura che mi si parava davanti: un nuovo mondo e altre possibilità esistenziali, soprattutto l’occasione di non ripetere gli errori già fatti e non ripercorrere sentieri senza sbocco. Un’altra grande illusione con cui nutrire la mente: vi sono dentro tuttora.
Non esistono vere novità oltre il limite temporale dell’adolescenza, esistono soltanto versioni rivedute e corrette di affermazioni sbilenche che non riescono più a trovare un senso e lo cercano convulsamente…sino allo sfinimento. Il sud e i suoi magici cieli erano già dentro di me, lo erano dalla mia infanzia, ho continuato in fondo la ricerca che mi competeva e l’ho fatto in un’isola. Il mare ha cullato i miei sogni di ragazzo, li ha fatti crescere e mi ha insegnato a guardarli con feroce tenerezza. L’uomo che scrive stasera a margine di un ennesimo nuovo anno non è così diverso dal bambino che uscì secoli fa da una scuola milanese, ha soltanto meno illusioni. Un’altra cosa importante ho imparato ritornando alle mie autentiche radici: ho imparato a guardare il mio tempo da prospettive diverse e a sentire il mio spirito come una persona vera. E’ qui che ho compreso cosa significhi la relatività delle cose. Ad essa ho demandato, purificandoli, i miei atteggiamenti meno seri. La politica, le ideologie, le passioni, le vittorie e le sconfitte, tutto quell’insieme di cose con cui pretendiamo di riempire i nostri giorni, prima allineate in ordine sparso sistemate poi sugli scaffali di una misura diversa e più antica, cambiano colore e importanza. Dovreste vederle mentre mentre pian piano scoloriscono fuori dalle feste di una nobiltà accessoria e vengono ridimensionate davanti al tribunale di un’aristocrazia che è culturale e mentale assieme. Il sud che vivo io è questo signori: quello che viene disprezzato e annichilito ogni giorno per un partito preso che guarda ad altri più miseri obiettivi. In questo sud si scrive e si pensa ad un mondo e ad un’Italia diversa, quella che avendo perso l’ultima occasione svanirà del tutto durante le celebrazioni del suo 150 mo anniversario. Ma il sud, la mia terra è ancora libertà perché guarda il mare e il mare è spazio, apertura e immaginazione: oltre un certo limite finisce il binario delle conversazioni precostruite ed inizia il tempo di una conoscenza diversa che usa gli schemi ma non si fa usare da essi.
Mi viene facile e scontato dire che non sono stato compreso, è quasi ridicolo, ma questo mezzo di comunicazione, lo ripeto, si sta autodistruggendo per un fatto semplicissimo, lasciate che sia un siciliano a dirlo, per mancanza di cultura tout court, per aver preferito la semplice e veloce strada delle ricette prefabbricate e delle minchiate ad uso e consumo delle ideologie ( del sesso o della politica non ha importanza) delle piccole mediocri beghe tra blogger al confronto vero tra teste ed esperienze. Sinceramente mi pare incredibile che debba essere un siciliano del secolo scorso, cresciuto a educazione, misura e giacca e cravatta a ridicolizzare l’incredibile e volgare “galateo da rete”che di fatto si è impossessato della maggior parte dei blog.

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